Ancora sul brand Salerno
Salerno: tra immagine e identità visiva
di Pino Grimaldi
Massimo Vignelli non ha progettato solo il marchio o l’immagine di Salerno; lo studio Vignelli ha progettato un “sistema di identità visiva”.
Ci sono tre parole in questa locuzione: Sistema, che presuppone un complesso programma di design, coerente e interdipendente; Identità, che rappresenta l’aspetto relativo alla riconoscibilità dell’amministrazione negli strumenti di comunicazione (cancelleria, manifesti, stampati, merchandising, etc.); Visiva, che riguarda gli aspetti che si vedono e non che si ascoltano (ad esempio, uno spot si ascolta oltre ad essere visto), ma utilizza gli strumenti visivi per consentire di riconoscere l’emittente del messaggio.
Un marchio da solo non fa l’immagine della città. Essa è altra cosa, è stata “costruita” dalla sua storia millenaria e recentemente dal Sindaco De Luca, dalla sua giunta, dagli opinion leader, dagli imprenditori, dai commercianti, dai cittadini di Salerno. L’immagine di Salerno è qualcosa di immateriale, appartiene all’intangibilità delle relazioni tra le persone e l’idea della città. Ma è anche il frutto della “Visione” di una città futura, moderna, con grandi interventi di trasformazione urbana, con famosi architetti che hanno dato a Salerno un volto innovativo. Quante città possono dire di aver chiuso il secolo con opere che passeranno alla storia? E forse, il risultato più “straordinario”, nel senso di sbalorditivo, è che anche nella percezione dei napoletani l’immagine di Salerno è diventata un punto di riferimento di buona amministrazione, di vivibilità e di emozionalità, di sicurezza e piacevolezza.
Ora, nel mezzo di questo itinerario storico e politico, si è posto il problema di avere un sistema di design adeguato e “firmato” da un grande designer internazionale.
Nel merito del “monogramma” capisco la delusione degli addetti ai lavori (anche se chiederei ai giovani colleghi un maggiore rispetto per il lavoro di un Maestro). Il marchio non va giudicato con il semplificatorio “mi piace” o “non mi piace più” tipico del social network (non si farebbe altrettanto per un’opera cinematografica o architettonica), ma eventualmente andrebbe criticato nel merito “tecnico”, con professionalità.
Il processo di sottrazione di scarnificazione dei significati operato nel monogramma è il tema del design storico (di cui Vignelli è Pioniere) e della relazione tra forma e funzione. Il marchio è solo parte di un sistema molto più articolato, va compreso tutto il sistema. Va anche considerato il contesto che normalmente non viene ritienuto parte del design, ma è “semantizzante”.
È prevedibile l’esistenza di un Piano che segua il design per diventare un’operazione di marketing urbano e di merchandising (tutto l’apparato dei gadget), come è stato fatto in anni recenti per Amsterdam, Berlino, Milano. Ora ci sarà un problema di gestione dell’uso del brand, la definizione dei diritti di proprietà, dei protocolli applicativi. Per la città potrebbe diventare un business e recuperare ampiamente l’investimento iniziale. Ma c’è già stato un poco felice concorso gestito con competenze inadeguate.
L’esperienza di Glaser a New York era ancora puro design, era un partire da un marchio molto creativo, ma erano gli anni Settanta. Oggi non è più possibile, il mondo è cambiato.
Per Salerno Vignelli ci ha messo la sua firma, sua è la responsabilità della “qualità”. Spetterà alla storia del design giudicarlo.